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Sereni, Vittòrio.

Poeta italiano. Dopo aver frequentato le scuole medie superiori a Brescia, nel 1925 si recò a Milano, dove proseguì gli studi universitari, laureandosi in Lettere. A partire dal 1935 prese parte attiva ai movimenti della giovane avanguardia letteraria, legandosi agli artisti riuniti intorno ad A. Banfi e al periodico “Corrente”; al 1941 risale il suo esordio poetico, con il volume di versi Frontiera (ripubblicato, ampliato, nel 1942 con il titolo Poesie e nuovamente edito nel 1966 con il titolo originario): si tratta di una sorta di diario privato, contrassegnato da un linguaggio connesso all'eredità dell'Ermetismo, congiunto però a freschezza di immaginazione e a una sottile vena elegiaca. Nello stesso 1941, pochi mesi dopo aver iniziato la carriera di insegnante, S. ricevette la chiamata alle armi: partito per la guerra, nel 1943 fu fatto prigioniero dagli Alleati in Sicilia e deportato in Marocco e quindi in Algeria, dove trascorse due anni di prigionia. Quantunque vissuta da un'angolazione particolare, l'esperienza della guerra segnò profondamente l'autore: frutto di tale dolorosa prova fu il Diario d'Algeria, edito nel 1947. In esso l'universo fantastico del poeta si scontra con la cruda realtà della storia: la cronaca della prigionia assume le forme di allegoria dell'esistenza, e vengono gettate le fondamenta per lo sviluppo di una problematica esistenziale oscillante tra l'esilio e il naufragio. Tornato a Milano dopo la fine del conflitto, S. riprese a lavorare come insegnante fino al 1952, anno in cui, abbandonato l'insegnamento, si impiegò dapprima presso l'ufficio pubblicità di un'importante industria, quindi fu assunto come consulente editoriale presso la Mondadori. Nel 1957, dopo un silenzio poetico durato dieci anni, S. diede alle stampe una nuova raccolta di versi, Frammenti di una sconfitta; tuttavia, senza dubbio più significativa appare la successiva raccolta, Gli strumenti umani, uscita nel 1965. In essa l'autore sviluppa ulteriormente l'attitudine poetica già apparsa nelle precedenti opere, proiettando la propria vicenda personale sullo sfondo degli importanti mutamenti del dopoguerra e nel quadro delle grandi trasformazioni politiche, sociali e culturali dell'Europa: tratto essenziale della sua poesia è la consapevolezza di una perdita di stabilità, da parte del singolo, di fronte al contatto con l'esterno e alla conoscenza della realtà. Per esprimere tale dolente visione del mondo, S. si servì di una vasta gamma di registri espressivi, che spaziano dall'elegia al tono intimo del parlato, dal lirismo alla sfumatura prosastica. Al 1981 risale l'ultima raccolta di liriche, Stella variabile, in cui il tema delle occasioni offerte dall'esistenza quotidiana è affrontato con un'ancora più matura e dolente amarezza. A S. hanno guardato, come all'esponente più genuino di un'intera generazione, non pochi poeti, da Erba a Raboni, i quali senza dubbio ne subirono l'influsso. Degna di menzione è pure la produzione prosastica di S.: egli fu infatti critico (Letture preliminari, 1973), traduttore raffinato di poeti come P. Valéry ed E. Pound (Il musicante di Saint-Merry, 1981), autore sia di pagine diaristiche che riprendono i temi del suo poetare (Gli immediati dintorni, 1962), sia di narrazioni compiute. Tale è il caso de L'opzione e allegati (1964, poi in Il sabato tedesco, 1980), lungo racconto ambientato nel mondo editoriale, i cui protagonisti si affannano a cercare, alla fiera libraria di Francoforte, il “libro del secolo”: di questo ambiente l'autore svela, con cognizione di causa e tanta amarezza, i ben poco edificanti retroscena. Fra le opere pubblicate dopo la sua scomparsa meritano di essere ricordate Senza l'onore delle armi (1987), l'edizione critica delle Poesie (1995, a cura di D. Isella) e i volumi di corrispondenza, fra cui il carteggio con A. Bertolucci (Una lunga amicizia. Lettere 1938-82, 1994) (Luino, Varese 1913 - Milano 1983).